Ridare centralità al lavoro professionale e rilanciare gli investimenti

Ricerca del Centro Studi del Cni presentata all'Assemblea Nazionale di categoria

Penalizzati i liberi professionisti per la molteplicità di ostacoli burocratici e norme spesso male applicate, mentre il settore dell’edilizia ha visto diminuire fortemente le risorse a disposizione. Tra le proposte degli ingegneri il ritorno ad un vasto piano organico di investimenti pubblici, misure che agevolino i liberi professionisti con redditi bassi ed il ripristino della Cassa Integrazione per i dipendenti degli studi professionali 
C’è un paradosso tutto italiano nell’attuale fase di crisi. Un paradosso che influisce direttamente sulla professione dell’ingegnere, perché se è vero che la ripresa economica passa attraverso l’innovazione e gli investimenti, in Italia questi hanno registrato, nel settore delle costruzioni, dal 2008 al 2014, una flessione del 28%. Simile andamento nel comparto Innovation Comunication Tecnology: dal 2008 al 2013 il calo registrato nella branca informatica e telecomunicazioni è stato dell’11,6%, in particolare per computer e software, dove si è arrivati al –29%. Mentre il Paese ha bisogno di infrastrutture, le risorse a disposizione crollano: - 8,5% nelle nuove abitazioni, - 3,5% in costruzioni non residenziali – 4,3% nelle opere pubbliche è l’andamento degli investimenti tra il 2013 ed il 2014. Sono questi i risultati di uno studio realizzato dal Centro Studi del Cni presentati in occasione dell’Assemblea Nazionale della categoria al Tempio di Adriano a Roma.
Gli ingegneri chiedono inoltre di tornare a mettere al centro degli investimenti la progettazione, come avviene nel resto dell’Europa. Mentre in Italia l’incidenza della progettazione ingegneristica sul totale degli investimenti in costruzioni si attesta al 10,4%, in Francia raggiunge il 24,6% ed in Gran Bretagna quasi il 33%. Sino ad ora un’occasione persa, anche perché, come spiega il presidente del Cni Armando Zambrano, “le attività di progettazione nel campo dell’ingegneria sono ad elevato valore aggiunto, in grado di innescare nuovi processi di crescita nel Paese: 100 euro di domanda aggiuntiva in servizi di progettazione nel campo dell’ingegneria e dell’architettura generano 210 euro di produzione nel resto del sistema economico, 100 euro di domanda aggiuntiva nel settore della progettazione in Ict ne generano circa 200”. 
La crisi dell’ingegnere non è tuttavia una crisi di vocazione (oltre il 90% di un campione di ingegneri intervistati confermerebbe la scelta di studio e l’87,6% di chi ha scelto la libera professione ne apprezza le caratteristiche) piuttosto una crisi di contesto che non permette un proficuo esercizio dell’attività. A farne le spese, sottolinea il Vice Presidente Vicario del Cni Fabio Bonfà, “soprattutto il lavoro autonomo, privo delle necessarie tutele ed operante in un contesto penalizzante” come dimostrano il nuovo regime forfettario che abbassa quello dei minimi portandolo da un reddito massimo di 30mila euro annui a 15mila, l’aumento di contributi in caso di gestione separata Inps per i professionisti senza cassa di previdenza, l’abolizione della Cassa Integrazione Guadagni in deroga per il personale dipendente degli studi professionali in difficoltà, l’impossibilità per gli studi professionali ad accedere allo sgravio contributivo per assunzioni a tempo indeterminato se non in relazione ai soli contratti attivati nel 2015. 
Questo per quanto riguarda le difficoltà incontrate dai lavoratori autonomi, ma essendo particolarmente stretto il legame tra Paese e Ingegneria, la ricerca illustra come, secondo la categoria, esistano altri ostacoli in grado di bloccare la crescita: una pressione fiscale insostenibile, la bassa remunerazione dovuta a concorrenza senza regole e all’introduzione dei minimi tariffari, la difficoltà nel recuperare i crediti, specie se contratti per lavori svolti per la Pubblica Amministrazione, la presenza di regole farraginose e complesse per l’esercizio dell’attività lavorativa. Che fare quindi? Gli ingegneri propongono di intervenire con una serie di azioni capaci, ad esempio, di rendere i costi della formazione professionale totalmente deducibili, di modificare le normative sui bandi di gara europei che spesso impediscono la partecipazione degli ingegneri liberi professionisti, di ripristinare la soglia del regime dei minimi a 30mila euro e di migliorare le norme sulle Società tra Professionisti - STP. “L’ingegneria italiana è sempre stata un volano della crescita, vuole continuare ad esserlo – dicono Zambrano e Bonfà – ma pretendiamo un contesto diverso, un diverso approccio alla politica del lavoro e nuove regole del mercato”. 
Roma, 19 gennaio 2015

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Comunicato stampa