L’equo compenso penalizza i giovani professionisti? E’ una fake news

L’equo compenso favorisce i professionisti più forti? Questa la tesi veicolata nei giorni scorsi da alcuni organi di informazione e in qualche modo rilanciata da un recente pronunciamento dell’Antitrust che ha criticato l’allargamento del provvedimento a tutti i professionisti inserito nel Decreto fiscale. Ma è davvero così? In realtà i fatti dimostrano esattamente il contrario. A dimostrarlo una ricerca del Centro Studi CNI presentata stamattina dal suo Direttore Massimiliano Pittau in occasione dell’evento “L’equo compenso è un diritto”, organizzato congiuntamente da RPT e CUP.

Si dice che la politica delle “lenzuolate” abbia contribuito ad incrementare il reddito dei professionisti. Indicativo il caso degli avvocati passati da 7,1 miliardi di euro nel 2007 a 8,41 miliardi nel 2015. Peccato, però, che nel frattempo il numero complessivo dei professionisti sia notevolmente cresciuto, di gran lunga più del monte dei redditi: da 1,28 a 1,48 milioni. Di conseguenza il reddito medio dei professionisti italiani nel 2015 è sceso a 33.954 euro procapite: con una perdita secca dell’8,6% rispetto al 2007. Come sempre la media statistica nasconde grandi differenze tra una professione e l’altra. In calo di reddito ha riguardato soprattutto i professionisti dell’area tecnica (-18,6%) e giuridica (-29,2). L’area economica e sociale ha contenuto la perdita (-1,5%), mentre quella sanitaria è andata in netta controtendenza: +15,6%. Se si escludono le professioni sanitarie, il calo complessivo medio del reddito dei professionisti si attesta al 16,8%. Nello stesso arco di tempo, connotato da una congiuntura economica fortemente negativa, i redditi dei lavoratori dipendenti sono cresciuti del 9,1%, a testimonianza del fatto che in Italia il lavoro dipendente gode di tutele maggiori rispetto a quello professionale.

Ma chi ha pagato di più il costo delle “lenzuolate”? A dispetto di quanto affermato dall’Antitrust a subire la maggiore penalizzazione sono stati i giovani e le donne. I giovani dai 25 ai 30 anni hanno perso l’8,4% del loro reddito professionale medio, quelli dai 30 ai 35 il 14,9%, quelli dai 35 ai 40 il 19,4%. Quanto alle professioniste hanno lasciato sul terreno il 9,5%. Fatto 100 il reddito dei professionisti dai 55 ai 60 anni, nel 2015 hanno accresciuto la loro quota di reddito solo quelli della fascia immediatamente precedente (dai 50 ai 55) che hanno raggiunto il 93,9% del reddito dei più anziani (+2,6%). I professionisti dai 35 ai 40 si attestano sul 47,7% (-4,8%) e quelli dai 30 ai 35 sul 34,4% del reddito dei colleghi più anziani (-1,5%). In sostanza, i professionisti dai 50 anni in su hanno guadagnato reddito. Tutti quelli più giovani guadagnano meno rispetto al 2007.

A dispetto dei falsi miti, questi numeri dimostrano esattamente il contrario, ossia che l’equo compenso può dare un nuovo impulso alle giovani generazioni di professionisti che, negli ultimi anni e in assenza di qualsiasi tutela della qualità della loro professionalità, sono stati letteralmente falcidiati dalla crisi e dalla politica delle liberalizzazioni.

Roma 30 novembre 2017

Comunicato stampa